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Investimenti FER in Europa: ricerca di stabilità!

Il progetto DiaCore dipinge lo scenario europeo degli investimenti nel settore delle fonti energetiche rinnovabili

 

Le marcate differenze politiche, normative e amministrative tra i Paesi europei si riflettono inesorabilmente sui costi di investimento degli impianti da rinnovabili, che variano “enormemente” tra i membri dell’UE. per un parco eolico in terraferma, la Wacc (costo medio ponderato del capitale) va dal 3,5% della Germania al 12% della Grecia, il costo del capitale proprio dal 6% tedesco ad oltre il 15% di Estonia, Grecia, Lettonia, Lituania, Romania e Slovenia e il costo del debito dall’1,8% sempre della Germania al 12,6% ancora della Grecia.

Questo è il quadro fornito dal rapporto in cui sono contenute le conclusioni del progetto DiaCore sviluppato da Fraunhofer Isi, Ecofys, Eclareon, Epu-Ntua, Lei e TU Wien per conto della Commissione Ue. Secondo il rapporto, la percezione del rischio da parte degli investitori, che per centrare i target UE al 2020 per le FER dovranno mettere in campo 60-70 miliardi di euro all’anno, è influenzata da numerosi fattori. Il primo è senza dubbio il quadro normativo e gli improvvisi mutamenti politici (vedi anche Brexit), per arrivare alle procedure autorizzative e all’accesso alla rete. Su tutti svetta però il tipo di sistema di sostegno (conto energia, premi, aste etc.), determinante per la definizione del livello di rischio dei progetti. In questo quadro, rileva il rapporto, le politiche hanno un ruolo fondamentale nella mitigazione del rischio di investimento, tanto che se le pratiche adottate dai Paesi “primi della classe” si diffondessero in tutta la UE si avrebbe un risparmio del 15% a parità di potenza realizzata. In altri termini, i Governi europei dovrebbero fornire la massima chiarezza e stabilità in materia di procedure e normative.

Per l’Italia, in particolare, i rischi individuati sono, nell’ordine, quelli di tipo amministrativo, di struttura normativa, di accesso alla rete, di finanziamento, di improvvisi mutamenti normativi, di regolazione, di accettazione sociale e, infine, tecnico-gestionali.

Venendo ai dati forniti dal progetto DiaCore, che prendono a riferimento l’eolico onshore, l’Italia risulta nella media UE. Sul fronte del rapporto indebitamento/patrimonio (debt/equity), la Penisola sconta tuttavia un sensibile gap con i Paesi più virtuosi: 65/35, contro l’80/20 di Germania e Francia, il 75/25 del Regno Unito e il 70/30 della Polonia. Proprio i quattro Paesi che hanno installato nel 2015 la maggiore capacità eolica: 6.013 MW, 1.073 MW, 975 MW e 1.266 MW rispettivamente, mentre l’Italia si è fermata a 295 MW.