Proseguono a gonfie vele i ribassi delle quotazione dei principali prodotti petroliferi che hanno raggiunto il minimo dal 2004
L’arrivo del nuovo anno non ha portato notizie incoraggianti per i produttori di petrolio che hanno chiuso l’anno 2015 con le quotazioni di Brent e WTI in continuo ribasso. Nei primi giorni del 2016 questo trend ribassista ha portato le quotazioni del petrolio a sfiorare la soglia dei 30 dollari al barile, raggiungendo e superando i valori nel 2004 (attualmente siamo a 30,91 dollari per il Brent e 30,52 dollari per il WTI).
Ricordiamo che nella prima seduta del 2015 il prezzo era sceso a 66 dollari/barile (il WTI sotto i 60), quasi 50 dollari in meno rispetto a sette mesi prima quando le tensioni politiche dell’Isis in Iraq prendevano il mondo il contropiede. Nemmeno i fatti avvenuti a Parigi a metà novembre avevano avuto forti ripercussioni sui mercati, facendo intravedere solamente qualche timido rialzo.
L’eccesso di offerta sul mercato dell’intero settore è senz’altro fra le principali cause di queste continue svalutazioni delle materie prime: la produzione mondiale è elevatissima, le scorte sono a livelli record e seppur anche i consumi siano molto elevati, non sono in grado di riportare il mercato a una situazione di equilibrio. Una svolta potrebbe arrivare con un cambio di politica da parte dei Paesi membri dell’Opec e con una limitazione delle estrazioni.
Pensando al futuro, per quanto riguarda i prezzi, la situazione rimane assai incerta e delicata e gli analisti prevedono che i prezzi non possano rimanere così bassi troppo a lungo. Le stime però parlano di segnali di ripresa importanti non prima del terzo trimestre del 2016. Ad ogni modo un petrolio in area 20 dollari non sembra più un’ipotesi fantascientifica.