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Newsletter 2 – 2015

 

Premio Natura 2016

E’ tutta italiana l’iniziativa che vuole dare visibilità ai prodotti e ai servizi eco-sostenibili.

 

Premio Natura è un concorso che mira a premiare i prodotti e i servizi più attenti all’ambiente e all’ecologia, in 40 categorie merceologiche tra le più disparate, quali abbigliamento, arredamento, cartoleria, motocicli, telefonia, eccetera.

Qualunque prodotto o servizio, a prescindere dalla sua anzianità di presenza sul mercato, può partecipare: i requisiti per vincere riguardano l’attenzione all’ambiente e all’ecologia, il modo in cui sono realizzati, il loro contenuto intrinseco, le iniziative che realizzano o promuovono e così
via. Una prima scrematura dei prodotti e servizi concorrenti viene effettuata da un comitato scientifico composto da giornalisti e docenti universitari; i prodotti che passano questa prima selezione vengono sottoposti ad un’indagine di mercato dove un campione rappresentativo di 10.000 italiani vota i concorrenti con un voto da 1 (per nulla amico dell’ambiente) a 5 (molto amico dell’ambiente). I prodotti che ricevono il Premio Natura dell’anno, avranno la possibilità di riportare per un anno il logo del Premio sulla confezione e relativo materiale pubblicitario del prodotto.

Ora sono aperte le iscrizioni per il Premio Natura 2016; il termine per iscrivere il proprio prodotto o servizio è il 31 luglio 2015.

Città Verde s.r.l., la società promotrice e proprietaria del brand Premio Natura, è stata costituita per promuovere iniziative di comunicazione su temi di rilevanza sociale. Nel corso del tempo ha realizzato iniziative per la tv digitale (per es. Atlantide.tv), ha avviato una serie di blog di artisti tra i più visitati in Italia e non solo: ha lanciato podcast audio che sono entrati nella top ten dei podcast più scaricati.

Per maggiori informazioni visitate il sito www.premionatura.it

 

SEU e SEESEU, pubblicate le regole GSE per la qualifica

Tutti i soggetti che hanno produzione e autoconsumo di energia dovranno qualificarsi come SEU SEESEU.

 

Il combinato disposto della legge 99/09 e del DL 91/14 (convertito dalla legge 116/14) prevede, a decorrere dal 1° gennaio 2014, così come attuato dall’Autorità per l’Energia Elettrica il Gas e il Sistema Idrico con la delibera 578/13, che i clienti finali siano tenuti al pagamento degli oneri generali di sistema sull’energia consumata, ivi inclusa l’energia autoprodotta e consumata in sito.

In questo contesto, fanno eccezione i Sistemi Efficienti d’Utenza (SEU) e quelli ad essi equiparati (SEESEU), che hanno diritto ad un beneficio specifico, consistente in uno sconto sugli oneri generali di sistema che, di fatto, sono applicati alla sola energia prelevata e a una piccola frazione di quella consumata.

L’accesso ai benefici per i SEU e SEESEU è subordinato all’ottenimento di una qualifica da richiedere tramite l’ apposito portale informatico dal GSE.

La notizia interessa tutti i soggetti che hanno produzione e autoconsumo di energia, ad esempio impianti di cogenerazione, fotovoltaici, idroelettrici ed eolici.

Come stabilito dalla Delibera dell’Autorità per l’energia n. 578/2013/R/eel, per accedere alle agevolazioni riservate ai SEU e ai SEESEU occorre che i Sistemi di Produzione e consumo siano qualificati come tali.

Ricordiamo che i SEU e i SEESEU beneficiano dell’agevolazione consistente nel pagamento degli oneri di rete solo sull’energia prelevata dalla rete pubblica e in quota parte sull’energia consumata. Per maggiori informazioni, vedi i riferimenti in basso.

Il GSE ha reso note le “Regole applicative per la presentazione della richiesta e il conseguimento della qualifica di SEU e SEESEU per i Sistemi entrati in esercizio entro il 31/12/2014“. Le richieste di qualifica vanno presentate al Gestore dei servizi energetici utilizzando il portale aperto il giorno 3 marzo 2015. Come previsto dalla normativa, le imprese hanno a disposizione 90 giorni di tempo (entro il 1° giugno 2015) per poter richiedere la qualifica per evitare di perdere i benefici previsti a decorrere dal 1° gennaio 2014.

La qualifica SEU o SEESEU avviene in modo automatico per impianti entrati in esercizio entro il 31 dicembre 2013, che usufruivano al 1 gennaio 2014 del servizio di scambio sul posto oppure per impianti entrati in

esercizio entro il 31 dicembre 2014 che accedono al servizio di scambio sul posto nell’anno 2014 o per una parte dell’anno 2014. Si evidenzia che la presentazione della richiesta di qualifica di SEU o SEESEU presuppone la corretta registrazione su GAUDÌ degli impianti di produzione, del/dei relativo/i produttore/i facente/i parte dell’ASSPC e il conseguente rilascio del codice CENSIMP e del codice richiesta.

 

Carbon footprint di prodotto: quali vantaggi per l’azienda?

Nel mercato sempre più competitivo della green economy, il monitoraggio delle emissioni di CO2 potrebbe contribuire a valorizzare le realtà industriali più sensibili, grazie ai benefici che ne potrebbero derivare.

 

Il messaggio alle aziende e ai singoli cittadini dovrebbe essere già arrivato: il pianeta si sta surriscaldando e la riduzione delle emissioni di gas serra in atmosfera diventa indispensabile per non rischiare di compromettere definitivamente l’ecosistema mondiale.

Il Protocollo di Kyoto, attraverso i governi nazionali dei Paesi industrializzati, ha obbligato i “grandi emettitori” a ridurre le proprie emissioni; in Italia, il Protocollo è stato recepito con il Piano Nazionale delle Allocazioni (PNA), che prevede sanzioni salatissime in caso di superamento dei limiti. Finora gli effetti di tali azioni “obbligate” si sono rivelate insufficienti per il raggiungimento dell’obiettivo prefissato di riduzione dei gas serra.

Nonostante ciò, vuoi per sensibilità ambientale, intuito, buona fede, o calcolo utilitaristico, si è arrivati alla cosiddetta green economy. In quest’ambito sono nate iniziative di quantificazione e riduzione delle emissioni di CO2 legate ai prodotti e ai servizi, battezzate con il termine product carbon footprint (PCF), ossia “impronta di carbonio di prodotto”. Si offre alle aziende la possibilità di calcolare quanta CO2 viene emessa durante l’intero ciclo di vita di un prodotto, “dalla culla alla tomba”, o meglio ancora dall’estrazione delle materie prime fino allo smaltimento in discarica di ciò che rimane del prodotto esausto.

Apporre sulla confezione un marchio che quantifichi la CO2 emessa può fare la differenza nel momento in cui il consumatore finale si trovi a scegliere tra prodotti simili. L’azienda virtuosa che migliora il proprio ciclo produttivo e riduce le emissioni si vedrà preferita dal consumatore, che sta diventando sempre più sensibile ai temi ambientali ed al problema del cambiamento climatico.

A breve è attesa una direttiva europea che dovrebbe rendere obbligatorio il calcolo delle emissioni di CO2 per aziende e prodotti.

Le pubbliche amministrazioni, invece sono già avviate in un percorso “green” perché sono tenute a rispettare i criteri ambientali minimi (CAM) nell’acquisto di un qualunque prodotto (Green Public Procurement – GPP). 

Adesso un’impresa che vuole caratterizzare i propri prodotti per il loro impatto ambientale può farlo in modo volontario. Per questo è di fondamentale importanza la scelta della consulenza più adeguata, vista la complessità tecnica, e la necessità di interventi innovativi. Il consulente dovrà essere esperto in tematiche riguardanti l’energia, l’ambiente e i cambiamenti climatici. Solo così sarà garantita la certezza e la correttezza delle azioni implementate, al fine di poter conseguire la certificazione presso un ente terzo indipendente. La certificazione, infatti, pur essendo la condizione necessaria ma non sufficiente a garantire l’effettiva vocazione ambientale delle imprese, consente di scoraggiare tutte quelle realtà aziendali che invece potrebbero trarre vantaggio, senza che alcun documento lo provi, dalla loro immagine green impropriamente attribuitasi: il cosiddetto green washing.

Le tipologie di iniziative implementabili sono molteplici e tutte le scelte vanno ponderate secondo le esigenze di carattere ambientale, economico e d’immagine che si vuole soddisfare acquisendo il “green factor”.

Negli ultimi anni, questo sta diventando sempre più indispensabile per dare una connotazione “verde” al proprio marchio e quindi poter essere competitivi nella oramai consolidata green economy. Polo Tecnologico per l’Energia di Trento, operante da diversi anni nei settori dell’efficienza energetica, delle fonti rinnovabili e dei cambiamenti climatici, supporta il cliente in tutto l’iter; dalla certificazione sino alla valorizzazione dell’immagine aziendale conseguente al basso impatto ambientale scaturito dalle azioni implementate.

Quali sono le tappe fondamentali di un progetto di Carbon Footprint di prodotto?

 

 

La sostenibilità ambientale della mela nel suo ciclo di vita

Un kg di mele costa circa 1,50 €. Ma quanto costa in termini di CO2 emessa nell’atmosfera?

 

La mela prodotta in Trentino Alto Adige si dimostra sostenibile sotto l’aspetto ambientale a seguito dello studio “L’impronta carbonica della mela in Trentino Alto Adige” realizzato dalla Facoltà di Scienze e Tecnologie della Libera Università di Bolzano in collaborazione con Assomela (Associazione Italiana dei Produttori di Mele). Lo studio è stato presentato il 19 novembre 2014 alla fiera “Interpoma” dedicata alla coltivazione, conservazione e commercializzazione della mela.

Da diversi anni, Assomela si impegna nella definizione dell’impatto ambientale del prodotto mela, nell’ottica di apportare significativi miglioramenti alla filiera sia sul piano della sostenibilità ambientale sia dal punto di vista economico. La coltivazione delle mele è un settore importate per l’economia di alcune aree, in modo particolare per il Trentino Alto Adige, che vanta la maggior produzione a livello nazionale. Ogni anno vengono prodotte in Italia più di 1,5 milioni di tonnellate di mele che richiedono una superficie di circa 25.000 ettari.
Il calcolo della carbon footprint della mela in Trentino Alto Adige ha preso in considerazione dapprima la fase di coltivazione della mela fino al trasporto nei magazzini.

I risultati relativi a questa prima fase dello studio hanno ottenuto una carbon footprint compresa tra 0,04 e 0,06 kg di CO2 per ogni kg di mele prodotto. Si tratta di valori in linea con le valutazioni espresse anche nella “Dichiarazione Ambientale di Prodotto” (EDP, Environmental Product Declaration) già ottenuta da Assomela in precedenza per un mix di mele prodotte in diverse parti del territorio nazionale.

Dal confronto con altre tipologie di frutta e/o alimenti in generale, la mela si colloca tra i prodotti con impatto ambientale minore in termini di emissioni di CO2. Nell’analisi è emerso come le elevate produzioni ad ettaro dei moderni sistemi di coltivazione assicurino una buona efficienza d’uso delle risorse, mentre la frammentazione degli appezzamenti e la distanza degli stessi dal centro aziendale sono elementi che incidono in maniera negativa sul computo totale. Inoltre, parte delle emissioni sono compensate dall’attività̀ di fissazione biologica della CO2 da parte del meleto attraverso valori di fotosintesi che superano abbondantemente quelli di respirazione.

È in corso la seconda parte dello studio, che analizza le fasi successive ovvero la conservazione, la lavorazione, il packaging e il trasporto al sito di stoccaggio ed infine al luogo di vendita. I primi risultati di questa fase indicano chiaramente che grazie all’impiego di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili (idroelettrico e fotovoltaico) è possibile a ridurre fino a cinque volte l’impronta carbonica.

 

Tecnologia e innovazione dal cuore della montagna

Dalla collaborazione di Tassullo Spa e del Consorzio Melinda è nato il progetto “Ipogeo” a cui ha preso parte anche Polo Tecnologico per l’Energia.

 

Unico al mondo nel suo genere, il progetto del magazzino ipogeo del Consorzio Melinda rappresenta il primo tentativo a livello globale di frigo-conservazione in CA (Controlled Atmosphere) a temperature positive di mele in ambiente sotterrano. Si tratta di un vero e proprio connubio tra agricoltura, innovazione, industria e salvaguardia del territorio.

Il progetto dalla nascita fino alla realizzazione

Il luogo adatto per l’avvio del progetto ipogeo è stato individuato in Val di Non, nella frazione di Tuenetto di Taio, sfruttando la cava sotterranea denominata “Rio Maggiore” dalla quale si estrae dolomia usata come inerte per il confezionamento del calcestruzzo e dei premiscelati di Tassullo Spa. Alla cava si accede direttamente in dolomia attraverso una faglia affiorante sul lato della valle e si estende per svariati ettari. Il banco di dolomia si trova a quota 575 metri sul livello del mare, e parte da circa 50 metri sotto la superficie fino a 350 metri di profondità.

Già nel 2011 prende il via la prima fase: in collaborazione con Università ed Istituti di Ricerca italiani e norvegesi, sono stati realizzati dei modelli di studio che riguardavano il consumo energetico, la tenuta ai gas e la qualità delle mele così conservate. L’idea è stata quella di scavare dei vuoti adatti a possibile uso futuro e quindi studiati appositamente, in questo caso, all’ottenimento di un magazzino per la conservazione della frutta. Nel 2012, durante la seconda fase, si è passati alla realizzazione di una piccola cella-laboratorio, della capienza di sole 120 tonnellate, dove si è proceduto a studiarne il comportamento effettivo, permettendo di ottenere anche una simulazione della sostenibilità economica. I primi test hanno dato esito molto positivo e per questo si è deciso di investire nella realizzazione di un primo settore di celle, dodici in tutto. Il complesso, inaugurato nell’ottobre 2014, è in grado di contenere e conservare in atmosfera controllata circa 10.500 tonnellate di mele (1.050 vagoni). Questo impianto pilota su scala industriale è composto da due gallerie parallele nelle quali vengono stivate le mele, unite da corridoi perpendicolari che confluiscono in una terza galleria centrale di transito e collegamento.

Polo Tecnologico per l’Energia ha seguito tutta la fase autorizzativa e progettuale degli impianti elettrici e tecnologici a servizio della frigo-conservazione, oltre che ad assumere l’incarico per seguire il progetto di ricerca abbinato a questa importante opera.

Il progetto ha subito posto delle grosse problematiche dal punto di vista della sicurezza sul lavoro e dell’antincendio. Il continuo confronto con i vari enti e la messa in campo di tecnologia applicata alla sicurezza, di strumenti evoluti di analisi agli elementi finiti e simulazioni sperimentali ha posto le basi per il superamento dei problemi e l’ottenimento di tutte le necessarie autorizzazioni.

Durante le fasi di realizzazione, Polo Tecnologico per l’Energia ha curato la direzione lavori e il coordinamento dell’installazione di tutti gli impianti tecnologici dei magazzini ipogei.

I vantaggi del progetto

La temperatura naturale rimane costante negli spazi sotterranei ed è pari a circa 10°C. Ciò avviene senza l’utilizzo di isolanti artificiali, ma sfruttando l’enorme capacità termica della roccia di immagazzinare e non disperdere freddo.

Grazie al naturale effetto coibentante, sarà anche evitato l’utilizzo di oltre 10 metri cubi di Poliuretano espanso che dura circa 20 anni e quando va smaltito diventa altamente inquinante. Vengono abbattuti in misura significativa i costi di costruzione (circa 20% in meno) e quelli di gestione dei centri di conservazione (circa 30% in meno), ma soprattutto si riduce ulteriormente l’ impronta ambientale. È prevista una riduzione fino al 60% del consumo di energia elettrica rispetto ad un impianto standard e una

riduzione della produzione di CO2 pari a circa 40.000 kg/anno, cioè tanta quanta ne viene assorbita da 50 ettari di bosco di conifere adulte.

Grazie al progetto, si risparmieranno 27.000 metri cubi di acqua ogni anno (cioè quanto 10 piscine olimpioniche), dieci ettari di territorio e paesaggio (dieci campi da calcio) e 250.000 metri cubi di capannoni ed edifici.

Indubbiamente questa soluzione garantisce anche la preservazione dell’impatto paesaggistico, dal momento che tutto l’impianto è praticamente invisibile dall’esterno. Il progetto evita il consumo di territorio vocato alla produzione della frutta grazie al recupero di aree nel sottosuolo altrimenti non utilizzate.

Infine, non sono da trascurare le ricadute a livello di immagine che un progetto così innovativo ha portato al consorzio trentino.

Prossimi sviluppiL’obiettivo è di sviluppare ulteriormente il progetto entro il 2020, portando la capacità di accumulo in ipogeo a 50 mila tonnellate e a 420 mila tonnellate il volume complessivo di gestione.

Anche per quanto riguarda il trasporto delle mele potrebbero essere adottate tecnologie diverse da quelle attuali, affidando il compito ad un sistema robotizzato in grado di portare le mele dentro e fuori dai tunnel.

 

 

Efficienza energetica e incentivazioni statali

Presentati al seminario i requisiti e le procedure per il riconoscimento dei titoli

 

Nella giornata di mercoledì 18 febbraio si è svolto, presso il Dipartimento di Ingegneria Civile, Ambientale e Meccanica, il seminario “Per un mondo più verde, un cielo più blu”.
La giornata, divisa in una sessione dedicata al settore industriale e in una pomeridiana dedicata a quello civile, ha visto susseguirsi relatori dell’Università di Trento, organizzatrice dell’evento, e di aziende proponenti case study e nuove tecnologie nei settori dell’efficienza energetica.

Al seminario ha partecipato anche il Polo Tecnologico per l’Energia, in qualità di sponsor dell’evento: nella presentazione “Efficienza energetica e incentivazioni statali – Requisiti e procedure per il riconoscimento dei TEE”, l’ing. Matteo Manica ha illustrato il sistema dei Titoli di Efficienza Energetica o Certificati Bianchi. Il sistema rappresenta uno strumento di promozione e incentivazione economica degli interventi di efficienza energetica negli usi finali dell’energia elettrica, del calore e, in generale, dei combustibili e carburanti di origine fossile. La presentazione ha evidenziato il ruolo centrale che i TEE hanno assunto in Italia nel conseguimento degli obiettivi nazionali di risparmio energetico e di riduzione delle emissioni di gas serra, così come stabilito dal D.Lgs. n. 102/2014 e dal Piano di Azione per l’Efficienza Energetica) (PAEE) adottato dal Governo Italiano nel luglio 2014. Dopo aver descritto le principali caratteristiche del sistema di incentivazione, l’ing. Manica ha illustrato una serie di casi concreti, che fanno riferimento ad aziende diverse per le quali Polo Tecnologico per l’Energia ha richiesto e ottenuto i TEE. I ricavi economici derivanti dalla vendita dei Titoli sono stati determinanti nel favorire il rientro economico degli interventi di efficienza energetica realizzati dalle aziende.

 

Riforma delle componenti tariffarie a copertura degli oneri

Da ottobre 2015 verranno razionalizzate alcune componenti del gas.

 

Con la delibera 60/2015/R/gas l’Autorità per l’energia elettrica il gas e il sistema idrico interviene razionalizzando, a partire dall’1 ottobre 2015, le componenti tariffarie a copertura degli oneri di carattere generale del sistema gas, oggi rappresentate dalle maggiorazioni del corrispettivo unitario variabile CV della tariffa di trasporto. Tali componenti incidono solo in minima parte sulla bolletta di fornitura del gas. Si ritiene però doveroso darne notizia per tempo. I clienti che si avvalgono dei servizi di PTE di verifica delle bollette, vedranno esplicitate tali nuove voci di costo nei report che PTE invia regolarmente.

Nello specifico, il provvedimento prevede la sostituzione delle componenti tariffarie CVI, CVOS e CVBL attualmente applicate ai quantitativi di gas immessi in rete, con nuove componenti tariffarie che verranno applicate a partire dal prossimo anno termico al gas prelevato ai punti di riconsegna della rete di trasporto.

Tale novità normativa si è resa necessaria per rimuovere gli elementi potenzialmente distorsivi dal prezzo all’ingrosso del gas al PSV (il nuovo onere che sostituisce la componente CVOS risulta applicata a valle e non più a monte del PSV), con la conseguenza di incentivare lo sviluppo della liquidità del mercato a pronti e a termine e favorire una maggiore trasparenza e minore rischiosità del mercato all’ingrosso del gas in Italia. Conseguentemente i prezzi del gas naturale scambiato al PSV dovrebbero, teoricamente, migliorare.