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Effetto Francia sui mercati internazionali

Le ricadute economiche, ma non solo, del fermo delle centrali nucleari francesi per l’Italia

 

Dalla seconda settimana di ottobre 2016, il prezzo all’ingrosso dell’energia elettrica è schizzato in alto, toccando livelli anomali rispetto alle medie stagionali degli ultimi anni. Un primo calo si è registrato a inizio novembre, ma è presto per considerarlo un’inversione di tendenza e non una semplice riduzione del margine speculativo in Borsa tipico di situazioni come quella contingente.

Non è colpa del caro-petrolio o del gas metano, ma del fatto che la Francia ha dovuto fermare – in parte per normale manutenzione, in parte per controlli straordinari – oltre un terzo del suo parco nucleare: 21 reattori su 58. I fermi dipendono dalla scoperta di un possibile eccesso di carbonio nella composizione dell’acciaio del guscio del reattore che potrebbe quindi essere più fragile di quanto previsto dagli standard di sicurezza. L’Autorité de sûreté nucléaire (Asn), l’Autorità di sicurezza nucleare francese, ha imposto una verifica su diciotto impianti potenzialmente interessati allo stesso rischio e il blocco immediato di cinque di questi. Di conseguenza, la produzione elettrica nucleare quest’anno scenderà dai 408 miliardi di kWh programmati a 390, con tutto il calo concentrato nell’ultimo trimestre di quest’anno. L’andamento dei prezzi dell’energia elettrica sembrano quindi rispecchiare il rincorrersi delle notizie circa lo stato di salute delle centrali nucleari francesi e preoccupa la progressiva obsolescenza del parco nucleare francese che soddisfa il 76% della domanda elettrica nazionale, portando la Francia alla dipendenza da una sola tecnologia. Anche se il Governo francese ha deciso di allungare la vita dei reattori fino a 50 anni, 42 di questi hanno trent’anni o più, alcuni quasi quaranta. Risulta inevitabile una generale opera di controllo, aggiornamento e ristrutturazione che garantisca la sicurezza degli impianti per tutto il periodo di funzionamento previsto. Un provvedimento che costerà almeno 55 miliardi allo Stato francese per i prossimi 10 anni.

L’Italia non è estranea alle vicende transalpine in quanto importa dalla Francia il 13% della domanda complessiva annuale di energia elettrica e la Francia stessa acquista energia nella borsa elettrica italiana. Questa combinazione ha portato i valori della borsa elettrica così come i forward dell’energia elettrica, in special modo per il primo trimestre 2017, ad aumenti importanti.

Va detto che l’Italia non è l’unico Paese a vivere questa situazione, ma è in compagnia di altri Stati che dipendono, almeno in parte, dalle importazioni francesi come Belgio, Gran Bretagna e Spagna.

Per l’Italia è anche un problema legato alla sicurezza del sistema elettrico nazionale che, nonostante le centrali a gas e gli impianti di generazione da fonti rinnovabili, preferisce l’importazione dell’elettricità piuttosto che della materia prima, il gas, molto più cara, anche a costo di mantenere al minimo operativo le centrali.

Siamo quindi in una situazione di dipendenza molto preoccupante in prospettiva di possibili ulteriori interventi sulle centrali francesi.

Non si vedono svolte almeno fino a metà gennaio, in base al calendario dei controlli straordinari. Va altresì tenuto presente che si avvicina il termine ultimo per chiudere i contratti su anno solare 2017 (la fine del corrente mese di novembre) ed è quindi possibile che dopo questa scadenza, almeno per un mese o poco più, la domanda diventi minima e i prezzi ne risentano al ribasso.