Image

Monitorare i consumi fa bene alle tasche dell’azienda

L’investimento in un impianto di monitoraggio dei consumi energetici offre molteplici vantaggi all’azienda, generando effetti tangibili a livello economico

 

Abbiamo già trattato ampiamente il contenuto dell’articolo 8 del D.Lgs 102/2014, che prevede, per le grandi imprese e le imprese energivore, l’obbligo di eseguire una diagnosi energetica ogni quattro anni a partire dal 2015. I Chiarimenti ministeriali di maggio 2015 e novembre 2016 indicano la necessità di ripartire i consumi energetici dell’azienda per unità funzionale, al fine di redigere una diagnosi il più possibile aderente alla situazione reale e proporre interventi di efficienza mirati. In particolare, i Chiarimenti riportano: “[…] In primis l’azienda viene suddivisa in aree funzionali. Si acquisiscono quindi i dati energetici dai contatori generali di stabilimento e, qualora non siano disponibili misure a mezzo di contatori dedicati, per la prima diagnosi, il calcolo dei dati energetici di ciascuna unità funzionale viene ricavato dai dati disponibili.”.

Ne deriva che solo per la prima diagnosi (quella del 2015) è ammessa la ripartizione dei consumi per unità funzionale tramite stime e calcoli, mentre per le diagnosi successive (a partire da quella del 2019) sono obbligatori dati misurati con idonea strumentazione. A tal proposito, nel maggio 2017, l’ENEA ha pubblicato le “Linee Guida per il Monitoraggio nel settore industriale per le diagnosi energetiche” (per ora non è preso in considerazione il settore terziario), a supporto delle aziende con obbligo di diagnosi. Le linee guida hanno precisato che le misure dovranno essere effettuate nell’anno solare precedente a quello di obbligo di diagnosi: si rende dunque necessario realizzare le misure nel 2018 per aggiornare la diagnosi nel 2019.